Le origini dell’Antropometria in un breve racconto del prof. Nerio Pantaleoni

Quando si scopre una cosa è perché la si è cercata. Se si cerca qualche cosa è perché ne abbiamo bisogno. Nel descrivere cose che abbiamo scoperto, anche se semplici, ma a noi care, sentiamo il bisogno di descriverle, di ambientare i fatti e collocarli datandoli coi periodi della nostra vita, evidenziando i mezzi che avevamo a disposizione, i limiti della nostra conoscenza e gli Uomini che ci circondavano.

Ciò che avviene oggi, domani è già storia. La nostra storia familiare è la nostra storia ed è anche la storia delle cose a noi care. Certi fatti e circostanze vissuti e toccati con le nostre mani, che solo noi conosciamo, anche se non siamo degli “scriba”, dobbiamo descriverli, perché scritti da altri, anche se migliori, non risulterebbero essere la stessa cosa.

Al termine delle scuole medie, all’età di 14 anni, manifestai a mio padre il desiderio di iscrivermi al liceo artistico, ma questo mi fu solennemente vietato:  il pittore o lo scultore lo avrei sempre potuto fare, ma a tempo libero ed al termine degli studi.

Così mi trovai e mi trovo tuttora tra i “denti” pur mantenendo quell’antico amore per l’arte e considerazione per gli Artisti.

Fra i miei più cari amici posso annoverare i pittori e gli scultori. Negli intervalli di tempo libero frequentavo lo studio dei fratelli Leoni di Bologna, per poter comprendere l’arte  dell’incisione. In quello studio conobbi diversi artisti, e con loro ho visitato mostre, chiese e pinacoteche e più volte gli Uffizi a Firenze ed era interessante sentire le loro critiche, i loro giudizi e commenti.

A loro ponevo domande: ”come distinguere un quadro ben fatto?”

“Come giudicare un vero artista da un improvvisatore?”

“Come riconoscere se l’artista oltre che al talento ha avuto buoni maestri? Se l’artista, anche se dotato di talento è un autodidatta?”

Il Prof. Farpi Vignoli, scultore premiato a Berlino nel 1936 durante le Olimpiadi con l’opera “Guidatore di sulki”, antico Amico e Mentor che ora non è più con noi, mi evidenziava “l’importanza della mano” e che per giudicarne l’opera era opportuno verificare le proporzioni con la faccia ed il corpo. Per anni, ogni lunedì a mezzogiorno, terminato l’ambulatorio, ci recavamo in campagna a Poggio Grande dove gli Artisti Vignoli, Vincenzi, Landi, Manaresi ed altri ci aspettavano per pranzare assieme, fondendo l’arte all’odontoiatria.

L’artista può eseguire ritratti utilizzando i canoni architettonici, perché di spazio e di materia ne ha a disposizione quanto ne voglia, ma non è così per il medico, il chirurgo maxillo-facciale, il chirurgo estetico e l’ortognatodontista, perché questi sono dei “restauratori” costretti ad utilizzare uno spazio e materiali predefiniti, quindi “il restauro” risulta essere ben più difficile.

Per curare un organo patologico è necessario riconoscere in quell’organo la normalità e distinguere ciò che  vi è di normale da ciò che è anormale, riportare l’anormale al normale, rispettandone la razza, la tipologia e l’età del paziente.

Il problema della normalità delle dimensioni verticali della parte inferiore della faccia, riveste da sempre grande importanza per ortognatodontisti, chirurghi maxillo-facciali, protesisti e chirurghi estetici. La maggior parte di questi studiosi ha analizzato questi problemi affidandosi a  canoni estetici-artistici  classici come quelli di Policleto, Vitruvio, Leonardo da Vinci, Piero della Francesca.

Altri hanno applicato le moderne tecniche dell’analisi statistica, fissando punti di repere antropologici e misurando numerosi individui e traendone valori medi; questo approccio è risultato piuttosto sgraziato in considerazione del fatto che non esiste un uomo uguale ad un altro, e che si ottiene solamente una mescolanza di medie incongruenti tra loro.

Partendo dalla considerazione che la maggioranza delle persone percepisce, osservando un volto, se la parte inferiore della faccia è troppo corta o troppo lunga, lo specialista può approfondire il problema chiedendosi se c’è modo di quantificare il raccorciamento o l’allungamento della parte inferiore della faccia rispetto alla normalità individuale.

L’Antropometria: un viaggio dall’odontoiatria all’arte con il prof. Nerio Pantaleoni

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