Il binomio “politica-scarpa” non è solo un “gioco linguistico”, come avrebbe potuto sostenere Ludwig Wittgenstein, uno dei più grandi filosofi analitici del ‘900, che di linguaggio e logica se ne intendeva.
Il binomio scarpa-politica, si diceva, è entrato nella storia, almeno la più recente, grazie al gesto clamoroso di Nikita Sergeevič Chruščëv (Krusciov). Lo storico leader sovietico, al tempo segretario generale del PCUS, ricorse a tale calzatura durante la seduta dell’ONU del 12 ottobre 1960. Il casus belli fu la richiesta del delegato filippino, Lorenzo Sumulong, il quale chiese che la risoluzione proposta dall’Unione Sovietica, sul diritto inalienabile all’indipendenza dei popoli, fosse adottata per tutti i Paesi, compresi quelli dell’Europa orientale che, al tempo, erano privati, a suo dire, del libero esercizio dei diritti politici, proprio per un eccesso di “imperialismo” da parte sovietica verso i Paesi satelliti.
Non avendo avuto successo la sua richiesta di richiamare il delegato filippino, Krusciov prima sbatte i pugni sul tavolo, come accade, a volte, quando la civile prassi interlocutoria non sembra più essere efficace, poi comincia a brandire la scarpa, diventata, poi, famosissima nei quattro angoli del Globo; una scarpa di colore bianco e con i lacci.
Un altro episodio, diventato celebre, che ha visto protagonista la scarpa, anzi le scarpe, è accaduto il 14 dicembre 2008, quando il giornalista iracheno Muntaẓar al-Zaydī, durante una conferenza stampa che si teneva a Baghdad, dell’allora presidente USA George W. Bush, sopraffatto dalla non convincente eloquenza del Commander-in-Chief decise di lanciare, in rapida successione, le uniche armi in dotazione che la pluralità degli esseri umani può portare sempre con sé, a prescindere dai metal detector, le scarpe.
Il gesto del giornalista iracheno fu clamoroso anche perché, nel mondo arabo-musulmano, porgere, o, è il caso di dire, cercare di imporre, ad un’altra persona, il contatto con le suole delle scarpe è considerato un’offesa piuttosto grave. E basta guardare il video per capire che, in quel caso, le intenzioni del giornalista non erano certamente quelle di mostrargli il colore facendo un lancio tipo boomerang.
Le scarpe hanno avuto sempre un ruolo determinante nei diversi contesti sociali. Noi italiani, poi, siamo Maestri nel design e nella realizzazione di questa calzatura. Probabilmente non esiste red carpet al mondo che non sia stato percorso almeno una volta dallo splendido prodotto calzaturiero italiano.
C’è un red carpet, tuttavia, dove la scarpa sembra farla da padrona ed è quello dei parlamenti e dei salotti della politica, luoghi ovattati di eleganza, dove il rosso (non sempre) dei tappeti si sposa con l’interesse generale degli Stati grazie, soprattutto, all’intermediazione degli indossatori della calzatura, i politici. Un vero show. E’ famosa la scarpa con tacco indossata da Marie Le Pen, durante il dibattito televisivo con Emmanuel Macron per le presidenziali francesi. Madame Le Pen usò maestria e eleganza nel mostrare il “tacco fermo”, come lo descrisse al tempo il futuro presidente Rai, Marcello Foa (anche se, pare, che la formula sia stata suggerita da un altro osservatore). Probabilmente quella posa avrà attratto non pochi “estimatori” di Madame Le Pen e della sua fermezza politica anche se, alla fine, i “fan” non sono stati così tanti da poterle permettere di risiedere all’Eliseo. Un’occasione sprecata!
L’uso politico-diplomatico della scarpa sembra imporsi sempre più all’attenzione degli operatori della comunicazione e dei media, anche al di qua delle Alpi. “La coscia della Boschi fa litigare a sinistra”. Il titolo del tgcom24 è solo uno dei tantissimi e più riusciti disponibili in rete, dopo che la bella deputata del PD, Maria Elena Boschi, nella sua uscita pubblica alla Leopolda, ha indossato stivali a cui noi preferiamo riferirci come “sopra il ginocchio” o cuissard, tanto per non sconfinare in territori proibiti all’immaginazione giornalistica. La calzatura, in tal caso, sembra avere addirittura ri-orientato il dibattito di un intero partito, sottoponendolo così al vaglio, non sappiamo se appuntito, perché le immagini non lo permettono, dell’elegantissimo tacco della deputata di origini toscane e altoatesina di adozione, almeno politicamente. Chissà cosa pensa Madame Le Pen dello sfoggio italiota, lei che, probabilmente, della Toscana conosce il Sommo Vate, ma magari meno attenta ad altri prodotti e personaggi. Il sovranismo d’Oltralpe rischia di fare passare inosservati anche i Sassicaia più pregiati della Terra di Dante, o i pregiatissimi vini autoctoni altoatesini.
È di questi giorni uno degli ultimi e più clamorosi episodi dell’uso politico della scarpa. L’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca, alla fine della conferenza stampa della Commissione europea, in cui si annunciava la bocciatura della manovra economica del governo italiano, è salito sul palco che stavano lasciando i due commissari europei Moscovici e Dombrovskis e ha cominciato a “timbrare” i documenti che i due avevano appena finito di leggere. Le interpretazioni del gesto del deputato Ciocca sono state moltissime e in rapida successione. Lo stesso protagonista del gesto, in un tweet, ha precisato che “ha calpestato la montagna di bugie di Moscovici con una suola made in Italy”. Il “made in Italy” e il sovranismo uniti, insieme, da una scarpa, ancora una volta protagonista.
La sua spiegazione lascia ancora più spazio alla nostra interpretazione di “timbro”. Basta guardare il video per notare la cura del suo movimento. Non ha brandito la scarpa à la Krusciov, con rivendicazione. Ma ha usato più una “fermezza” à la Madame Le Pen. Un gesto pieno di significati, dove la suola “made in Italy” ha espresso tutto il disappunto di un popolo, di cui l’onorevole leghista ha voluto farsi portatore, o, almeno, così ha creduto.
La scarpa in politica è trasversale. Il suo uso, come abbiamo potuto vedere, interessa tutto l’arco costituzionale: veterocomunisti à la Kusciov, socialdemocratici à la Boschi, sovranisti à la Le Pen e Ciocca. Insomma, un vero archetipo, una forma “preesistente e primitiva” di pensiero dal punto di vista filosofico; un tipos o “marchio”, volendo ricorrere al suo etimo greco, proprio come quello racchiuso nel gesto di Ciocca. Da non identificare, tuttavia, con una forma di feticismo. Ricordiamo, infatti, che abbiamo sempre e solo guardato alla scarpa come a uno strumento di azione, un “atto dichiarativo”, avrebbe detto John Searle, dove il protagonista esercita un qualche tipo di potere all’interno del proprio ambito di azione istituzionale, utilizzando, o meglio brandendo, un “tirso” di platonica memoria ma dalla forma anomala: la scarpa!
(Immagine di Copertina: credits to Ansa-Tgcom24)
(Video Krusciov: credits to Rai Storia)
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