Era il 1981 quando Franco Battiato e Giusto Pio realizzarono un autentico capolavoro della musica italiana, “La voce del padrone”, un album che fece storia e che tuttora è oggetto di studio, oltre ad essere attuale e ascoltato anche dalle nuove generazioni.
Fabio Cinti, cantautore e musicista apprezzato per i suoi precedenti lavori discografici, ha avuto la difficile ma affascinante idea di partorire un prodotto che non ha niente a che vedere con i termini “rivisitazione”, “cover” o “remake”. Infatti, con “La voce del padrone: un adattamento gentile”, Fabio Cinti ha scelto un adattamento per voce, pianoforte e archi. Come spiega nella sinossi dell’album: “Non ho mai avuto nessun interesse nell’eseguire una versione, o produrre una cover, di questo album – né di nessun altro album di Battiato -, perché affronto quelle composizioni come si trattasse di musica classica: si possono e si devono eseguire le parti, anche con altri strumenti, senza modificarne la scrittura.”
YShow si è interessata fin da subito a questo progetto e ha ottenuto da Fabio Cinti un’intervista in cui si parlerà partendo dall’album originale di Franco Battiato, per poi arrivare alla creatura ideata da Cinti.
Fabio, anzitutto noi di YShow ti ringraziamo per la disponibilità, siamo contenti di averti come ospite. Con te vogliamo parlare di un album che è considerato tutt’oggi una pietra miliare della musica italiana pop. “La Voce del Padrone” ha rivoluzionato lo scenario musicale di quegli anni, è proprio il caso di dire che da quel momento la musica cambiò.
Quando è stata la prima volta che hai ascoltato quest’album e cosa hai pensato dopo averlo finito?
“Grazie a voi! Difficile ricordarmi cosa ho pensato perché avevo quattro o cinque anni! Mia madre mi racconta che lo cantavo dentro la sua 500, e le faceva ridere sentire questo bambino pronunciare quei paroloni di cui ignorava completamente il significato! Questo, immagino, sarà successo a molti della mia generazione. Ci sono stati però, e ci sono ancora, alcuni eventi e coincidenze molto significativi nel corso della mia vita, incontri, relazioni, che mi hanno molto legato al mondo di Battiato.”
Franco Battiato ha partorito sette brani uno più bello dell’altro. Ce n’è per tutti i gusti: da Bandiera Bianca, dove si criticano alcuni aspetti della società contemporanea, dalla filosofica Segnali di Vita, passando per la poetica de Gli uccelli, l’irreale Summer on a solitary beach, l’amore raccontato sotto un punto di vista corporeo in Il Sentimiento Nuevo, per finire con Centro di Gravità Permanente e Cuccurucucù. Oltre a chiederti qual è il tuo brano preferito, anche se obiettivamente la scelta è molto ardua, secondo il tuo parere, pezzi del genere oggi avrebbero avuto lo stesso successo di allora?
“Tutte e due le domande sono complicate. La prima perché ho sempre considerato La voce del padrone una specie di suite, ogni brano ha una sua identità, ma è un disco di 27 minuti, una specie di bomba, sette singoli perfettamente legati, e ogni pezzo è legato, a sua volta – e secondo il mio ascolto – ad alcuni momenti della mia vita, come se ognuno di essi fosse una parte di una colonna sonora. Quindi non posso dirti qual è il preferito, perché davvero non c’è! La seconda domanda invece è complicata perché per rispondere bisogna tirare in ballo molti discorsi, quello sociale, culturale, e poi la fortuna, le contingenze e le relazioni artistiche tra la figura di Battiato, i suoi riferimenti, il suo passato. Per come vanno le cose oggi, istintivamente ti direi di no, che oggi forse non avrebbero quella eco così vasta. Ma forse mi sbaglio, forse, se qualcosa è forte, così forte, lo è sempre. Chissà.”
“La Voce del Padrone” ha registrato uno straordinario successo di vendite, le stime indicano, alla sua uscita, il superamento di un milione di copie vendute. Eppure stiamo parlando di un album apparentemente di facile fruizione, ma sappiamo che così non è. Anzi, i testi proposti hanno dei significati quasi nascosti, bisogna avere l’enciclopedia adatta per interpretare al meglio questi brani o almeno a non capirli in maniera superficiale. Ci sono stati dischi di Battiato ancor più complessi prima di questo album, basti pensare a Patriots, L’era del cinghiale bianco.
Come ti spieghi un simile risultato? Come è stato possibile che “l’italiano medio” è stato conquistato da frasi come “Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming”?
“La voce del padrone è stato una novità, come ho scritto altrove, la fondazione di una nuova grammatica, che oggi ci sembra scontata e fluente perché, appunto, è un riferimento, ma che allora era sorprendente. L’album ha molti livelli di fruizione e questo, forse per la prima volta, ha permesso di essere accolto con interesse sia dalla fascia di pubblico più colta (interessata agli argomenti nuovi che Battiato cantava, ai riferimenti della cultura classica, alla filosofia orientale, incuriosita dal lessico non più confidenziale ma in qualche modo “alto”), sia da quella meno colto, dal pubblico medio, ipnotizzato dai ritornelli incalzanti e congegnati con grande maestria, conquistata dalla sezione ritmica insomma. Centro di gravità permanente, per esempio, ha una strofa che armonicamente non è proprio facile, però regge una melodia accattivante e il testo ti incuriosisce: non c’è niente da capire, non fa ragionamenti, dice delle frasi il cui effetto è simile a quello che si ha quando si guarda un film di avventura, tipo Indiana Jones! Ti fa vedere dei posti, dei paesaggi, inediti: la Bretagna, Pechino, la Macedonia, la Russia, l’Italia in una contrapposizione inedita… Poi arriva il ritornello, con una specie di slogan, una frase che viene da Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Ouspensky, allievo di Gurdjieff. Una frase che racchiude proprio un momento importante della filosofia di Gurdjieff, cantata sul classico giro di DO, con un ironico riferimento, neanche tanto nascosto, al cha-cha-cha. Insomma, lo abbiamo detto tante volte: un genio.”
Hai annunciato l’uscita de “La voce del padrone: un adattamento gentile” in Aprile e il 16 giugno verrà presentato dal vivo a Milano presso la Palazzina Liberty. Ci puoi riassumere i punti fondamentali da sapere di questo tuo progetto?
“Sono partito con un’idea di puro divertimento. Non avevo neanche in mente di costruire un vero e proprio progetto discografico. Volevo che mi abbandonasse quella sensazione tipica di quando si realizza un album di inediti, le aspettative, i risultati, gli esiti… Qui no, sono stato a contatto con qualcosa che conosco bene che mi fa stare bene, con la musica in sostanza, quella che per me ha un valore da tutti i punti di vista. E così uscirà questo lavoro, che appunto presenteremo alla Palazzina Liberty il 16 giugno a Milano.”
Una curiosità: Immaginiamo che Franco Battiato sappia di questa tua idea. Hai avuto modo di confrontarti con lui e di parlargli di questo adattamento gentile?
“Certo! Franco sa tutto ed è stato anche entusiasta. A lui, in realtà, avevo parlato anche di un’altra “pazzia”… quella di fare lo stesso lavoro per L’Ombrello e la macchina da cucire… che ho intenzione di fare per la costruzione dei live…”
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