Ieri pomeriggio c’è stata una grande esplosione nel porto di Beirut, in Libano. La causa dell’esplosione è dovuta alla detonazione di una grande quantità di nitrato di ammonio stoccato nel porto della capitale libanese. Come è noto, questo composto chimico è usato come fertilizzante e per per la produzione di diversi tipi di esplosivi. Un centro ricerche tedesco, ha fatto una stima sull’entità dell’esplosione, paragonandola a quella di un terremoto di magnitudo 3.5. Non meraviglia, quindi, che gli effetti della deflagrazione si siano avvertiti fino a Cipro, distante circa 200 chilometri dal porto di Beirut.
Non è ancora definitivo il bilancio delle vittime. Stando all’ultima agenzia battuta dall’Ansa si parla di circa 100 morti e più di 4 mila feriti, senza contare i numerosi dispersi.
Secondo alcuni media locali, l’incendio che ha causato l’esplosione, sarebbe iniziato durante i lavori di saldatura che erano in corso nel magazzino che conteneva il nitrato di ammonio.
Il nitrato di ammonio nella maggior parte dei casi è abbastanza economico da produrre, e di per sé non è considerato particolarmente pericoloso, ma in determinate condizioni può diventarlo.
Pare che l’esplosione sia stata avvertita dopo che nella zona portuale si era alzata una vistosa colonna di fumo. Diversi testimoni hanno raccontato di avere visto una nuvola di fumo di colore arancione, che appare quando viene rilasciato gas tossico di biossido di azoto nelle esplosioni che coinvolgono nitrati. L’incendio, inoltre, è andato avanti per ore anche dopo l’esplosione.
Martin Chulov, un giornalista del The Guardian e che vive a Beirut, ha raccontato di strade ricoperte di vetro, di macchine e alberi distrutti e di pozzanghere di sangue nelle strade: “le tracce di sangue sono quelle di macchine e moto che hanno portato i feriti nelle cliniche e negli ospedali della città”.
Quest’esplosione è avvenuta in un momento molto critico per il Libano. L’economia del Paese è, infatti, in profonda crisi. Moltissime persone, anche a causa della pandemia di coronavirus, hanno perso il lavoro e la loro casa, oltre che i loro risparmi, a causa del crollo del valore della valuta locale.
Chulov prosegue: “Settimane di bombardamenti prolungati non avevano causato la stessa quantità di danni, nemmeno durante l’apice della guerra civile”.
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