Appena sono venuto a sapere dell’intervista da realizzare con Tonia Cestari, sono stato incerto sulle domande da proporre. Di fronte avevo una ragazza di talento che da anni gira, suona, scrive, partecipa attivamente e studia la musica. Di conseguenza, mi sono messo al computer per provare ad abbozzare qualcosa. Ho cancellato tutto. Meglio sarebbe stato trovare sì dei punti di partenza, ma di lasciare degli spazi vuoti, affinché questa intervista si trasformasse in una chiacchierata, una piacevole chiacchierata davanti ad un caffè in un bar.
Ecco quindi che ho incontrato una delle più interessanti cantautrici nel giro della musica emergente, un viso semplice, un pensiero sincero e trasparente, qui nel nostro territorio da risollevare sotto quell’aspetto culturale che c’è, ma che non si vuol aiutare davvero, anzi, lo si guarda affondare indifferenti.
Tonia, a 16 anni inizia la tua storia d’amore con la chitarra, fino ad arrivare alle tante cose fatte: Progetti sempre vissuti a pieno, esperienze che ti hanno formato ed esibizioni su palchi importanti. Ma quale ti è sembrato il più divertente e il più formativo/creativo in tutti questi anni?
“Non posso fare a meno di citare le esperienze dell’Università frequentata a Salerno dove studiavo al DAMS, soprattutto il corso di inglese con la Prof. Antonella Piazza e il Prof. William Papaleo che mi hanno stimolato tantissimo, così come anche gli Erasmus in Austria e in Germania. Sono state le basi che mi hanno formato, andando sempre di pari passo con la musica, studiata in accademia, poi da autodidatta attraverso riferimenti molto importanti come Elisa, Carmen Consoli, KT Tunstall, Dido tantissime altre artiste anche più vicine a me come Katres e Roberta Giallo. Attualmente, ad esempio, sto studiando anche le voci di ZAZ e della dolcissima Haley Reinhardt. Molte canzoni sono nate dai libri che ho letto, dalle esperienze accumulate negli anni. C’è sempre stato un alto tasso di entusiasmo in ogni cosa che ho fatto e non riuscirei ad individuare un’esperienza in particolare. Sicuramente un evento che mi ha segnato parecchio è stato quando sono salita sul palco con Bobby Mc Ferrin e Chick Corea alla Beethoven-Saal della Liederhalle di Stoccarda grazie appunto all’Erasmus. Tutt’oggi non riesco ancora a crederci e per fortuna esiste un video su Youtube che me lo fa rivivere.”
Parliamo di “Capate nel Muro”, il tuo brano lanciato sul web nel 2014. Lascia un sapore dolce in bocca, è ironico il modo in cui sbuffi, il ciuffo, c’è un ritornello bello energico. Sembra una canzone spensierata al primo ascolto, però ti accorgi dopo pochissimo che poi non è così. Infatti sottolinei “Provo l’odio più puro, e do capate nel muro”. Il tutto con te nel videoclip che ti dimeni con una camicia di forza addosso. Cosa c’è dietro questa canzone?
“Sì, “Capate nel muro” è un pezzo ironico, immerso in un contesto fiabesco e anche nel video si evince questa identità. Ci sono delle frasi un po’ forti come hai detto, ma il tutto è in una veste totalmente ironica. Dietro questa canzone… si può dire che ci sia sempre l’università! Perché comunque è un percorso che va vissuto bene ma richiede molto impegno e, avendo anche il sogno di realizzarmi nella musica, a volte mi trovavo incastrata tra i percorsi alle prese con mille doveri. Ma ho sempre preso tutto con ironia, e anche ciò che mi sembrava irrisolvibile si è sempre risolto nel migliore dei modi. “Capate nel muro” mi ha portato molte soddisfazioni, tra cui l’esperienza come finalista al Premio Bianca d’Aponte X edizione da cui è partito tutto il mio percorso, al workshop con MTV New Generation.
Poi tu hai collaborato con Valeria Angione, la blogger che spopola sui social a suon di parodie universitarie…
“Il mondo universitario mi ha contagiata parecchio e conservo un ricordo fantastico di tutti gli esami che ho dato e delle mille opportunità che mi ha offerto. Mi rispecchiavo in tutti i video di Valeria Angione e ridevo sempre riguardandoli mille volte. Un mito! Mi venne l’idea di scrivere “Lo do a settembre” che non credevo facesse tutto questo cammino in realtà. Pensavo ad un video con Valeria nella sua stanzetta a cantarlo live con una chitarra…
E gli evidenziatori!
“E gli evidenziatori, esatto! E invece mi disse: “Okay, andiamo a girare il video a Torino!”
Un successo inaspettato anche per lei, per la produzione “Magari Too” che ha curato il video e per Sebastiano Esposito che ne ha curato l’arrangiamento. Non ci aspettavamo che raggiungesse il milione e passa di visualizzazioni e così tanti consensi anche su Spotify e Youtube.”
Hai partecipato a così tanti Festival, hai aperto concerti ad artisti del calibro dei La Maschera a Napoli e come premio del tuo lavoro hai ricevuto altrettanti riconoscimenti. Sicuramente, qualcosa non ho citato. Di quale conservi un ricordo ancora vivo, quello che insomma se ci pensi di nuovo, ti fa sobbalzare dalla sedia?
“L’apertura del concerto de La Maschera è stata interessante perché ci siamo trovati davanti un pubblico giovanile, partenopeo, caloroso, di casa.”
Dovevate fungere da scalda-pubblico, ma avete ottenuto l’effetto contrario, era il pubblico a scaldare voi!
“L’abbiamo vissuta bene, siamo scesi dal palco soddisfatti, guardando la gente bella pronta per La Maschera. Essere stati apprezzati da quel pubblico per noi fu molto importante, anche perché è quello il pubblico che ci circonda. Abbiamo avuto occasione di aprire il concerto de “La Maschera” due volte: una volta a Napoli a Mezzocannone occupato e la seconda volta al Birra Village di Caserta. Sono stati carinissimi a invitarci e anche il pubblico ad accoglierci! Di solito il pubblico aspetta il momento del concerto vero e proprio, l’apertura la vede come una scocciatura, invece ci hanno applaudito per tutto il tempo. Avevamo a disposizione una ventina di minuti e ci siamo allungati a mezz’ora… Altre esperienze che conservo nel cuore sono il Festival Nuova Musica Italiana a cui ho partecipato insieme a Ilaria Venuto al violino e Eugenio Fiorillo al basso. Mi ha cambiato la vita e il modo di scrivere, perché vincemmo il Premio Mogol che consisteva in una borsa di studio del CET. Quando ho frequentato questa scuola ho scoperto un’isola felice per gli autori dove si crea musica in totale libertà e relax… Poi Mogol è un Maestro presente, noi lo vediamo come un’istituzione e lo è, ma è sempre in classe accanto agli insegnanti dei singoli corsi Giuseppe Anastasi, Giuseppe Barbera, Carla Quadraccia e Laura Valente. Tornare a casa dopo questa esperienza è sempre distruttivo, per fortuna avrò modo di ritornarci per completare gli studi con il corso interpreti e compositori grazie alle borse di studio messe a disposizione dalla SIAE. Nel 2016, ho partecipato al Premio Bertoli, vincendo il premio “Fan Club” per la migliore cover, infatti presentammo “Oracoli” di Pierangelo Bertoli. Fu bellissimo, davvero. E poi fare le trasferte con il gruppo quando sei giovane è sempre un concetto fantastico. Come quando siamo andati al Roxybar di Red Ronnie.”
Di Red Ronnie cosa mi dici? Lui è la biblioteca umana di tutto quello che riguarda il mondo della canzone, una specie di custode del vasto parco giochi che è la musica. Ti ha fatto anche una bella sorpresa se non ricordo male…
“Red Ronnie è un’altra istituzione, ha sempre detto quello che pensava a costo di andare controcorrente, conosce la musica come nessuno, almeno in Italia. Mi ha fatto tante soprese tra cui quella di avermi dato la possibilità di incontrare Elisa. Red Ronnie è uno di quelli a cui non importa che tu sia un cantante già affermato o emergente, ti tratterà sempre alla stessa maniera, è un pregio che lo caratterizza. Non ti fa mai sentire trascurato. A tal proposito vorrei ricordare Fausto Mesolella che ha preso a cuore il nostro progetto cantautorale e si è da subito mostrato una persona autentica di cui potevo fidarmi. Credo che non esista persona che non gli voglia bene. Se esiste, allora ha qualche problema. Ricordo che gli chiesi di essere il produttore artistico del mio disco e mi rispose: “Guarda Tonia, non credo di essere la persona giusta. Farei una cosa che non ti rispecchia”. Però, mi diede dei riferimenti, mi disse che cosa, secondo lui, potevo essere e su quali punti di forza potevo contare e si mise completamente a disposizione per qualsiasi consiglio o dritta. Apprezzai tanto questo gesto e ho sempre seguito tutti i suoi consigli. Avrei voluto in qualche modo ricambiare tutto questo affetto. Ci sono tanti altri aneddoti che potrei raccontare sulla sua bontà, trasparenza, comprensione e pazienza.
È stato un grande, siamo ancora in lutto per la sua scomparsa…
“Caserta ha perso tanto. Ne ha risentito di questa perdita, ma sempre in maniera passiva, nel senso che la nostra città resta sempre lì a guardare. Non ho paura di dirlo perché è evidente: Caserta ha fallito dal punto di vista artistico e culturale. Le piccole realtà faticano ad emergere e a ottenere fondi e occasioni per esercitare la professione. Un artista a Caserta può fare tanta gavetta, poi deve cercare di realizzarsi altrove… Per fortuna esistono tanti centri culturali come locali, associazioni, club e soprattutto i teatri che ospitano rassegne e artisti e raggruppano un pubblico colto e attento. Ovviamente tutti autofinanziati. Un artista come Fausto Mesolella avrebbe meritato molto di più dalla sua città, ma le istituzioni non hanno idea del valore artistico che abbiamo e come gestirlo e si limitano a buttare fumo negli occhi. Ultima conferma che riassume il tutto è stata la pubblicazione del bando natalizio per la selezione di band musicali per animare le strade della città a patto che costi SIAE e service fossero a carico dei musicisti. La musica è un lavoro e quando vado a fare la spesa o pago l’affitto, purtroppo non posso pagare in visibilità… Il bando dopo una serie di polemiche è stato modificato, ma credo che non abbiano ancora inteso la gravità di ciò che hanno scritto.
Certo, è sconcertante questo basso interesse da parte delle istituzioni per la musica che gravita dentro Caserta.
Passiamo ad una canzone, “O’ssapive tu”. È una lettera d’amore dedicata a Napoli, alla nostra terra. Mi collego a ciò che hai detto prima, quindi. Questo messaggio che hai voluto dare è un toccasana per questa realtà spesso denigrata e, bisogna dire, troppe volte deturpata da chi non vuol bene al proprio territorio. Un commento letto sotto il video di questa canzone su Youtube, sottolineava il rischio di cadere nella retorica spiccia. Cosa ne pensi a proposito?
“Innanzitutto è una canzone che dovevo scrivere per un festival. Era richiesto il tema della multietnicità presente a Napoli. Leggendo il libro di Agnese Palumbo, “101 cose da fare a Napoli almeno una volta nella vita”, ho preso spunto per scrivere alcune curiosità su Napoli e ho fatto una ricerca sulle assonanze linguistiche tra lo spagnolo, il portoghese, l’inglese, il francese e il napoletano. Ovviamente c’è il rischio di cadere nel clichè, ma a me serviva un brano esattamente così. Doveva essere una cosa fine a se stessa, ma poi mi sono accorta che il pezzo piaceva e non andava escluso dal mio repertorio. La retorica è dietro l’angolo se parli di questi argomenti, lo capisco. Però non bisogna aver paura di raccontare le cose solo per questo. L’importante è che sia una sincerità da parte dall’autore. Sono orgogliosa di quel brano.”
E nel futuro? Cosa dobbiamo aspettarci da Tonia? Sappiamo che sei impegnata nel campo musicale, ti butti nella mischia con la tua faccia tosta, c’è la possibilità di sentire un tuo disco di inediti?
“Non vorrei svelare troppe cose, un po’ per scaramanzia ammetto! Per il momento mi sto accorgendo che tanti pezzi che andranno a finire nel disco rispecchiano una me più matura. Posso dirti che uscirà qualcosina prima dell’estate! Un live che posso già annunciare è al locale 10Hp di Marigliano, dove suonerò con la mia band formata da Ilaria Venuto al violino, Eugenio Fiorillo al basso e Rossella Scialla alle percussioni.”
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