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Qual è il significato del film Arancia Meccanica?

Qual è il significato del film Arancia Meccanica? Cosa si cela dietro il genio folle di Stanley Kubrick quando nel Settembre del 1970 decise di dare inizio alle riprese del film.

Dietro ogni particolare, si ritrova una lunga matassa di significati che rende la pellicola un’opera d’arte completa.

Arancia Meccanica è ambientato in un mondo dove nessuno è innocente. La bestialità incontrollata delle persone si somma ad una repressione totale.

ARANCIA MECCANICA: IL SIGNIFICATO DEL FILM

Viene introdotto come capo de facto di una banda di bruti, Alexander DeLarge, il protagonista e al contempo antagonista di questa storia. Un giovinastro egoista, narcisista, malato di violenza, capo e vittima della registica anarco-narrativa raccontata in chiave volutamente iper-realistica da Kubrick.

La banda passa la notte ad accoltellare, stuprare, malmenare chiunque senza distinzioni, il tutto, però, fortemente contrastato dalla dolcezza e potenza delle note di musica classica che passa da sottofondo a musicalità principale.

Quando, dopo l’ennesima efferatezza in cui, calcando la mano, Alex uccide la vittima dei suoi soprusi, viene finalmente arrestato, abbandonando il ruolo di carnefice per passare a quello di vittima. Ma anche in questo vi è una visione distorta, distopica e concettualmente malata. Al posto di redimersi chiedendo perdono ad un mondo che Alex sa bene essere malato esattamente quanto lui, egli aumenta le sue conoscenze tanto da avvicinarsi alla Bibbia soltanto per bearsi delle punizioni divine inflitte ai miscredenti.

La cura Ludovico in Arancia Meccanica

“La cura Ludovico”, la meravigliosa “cura” che trasformerebbe ogni criminale in una persona buona. Consiste in un bombardamento di immagini violente, sesso e depravazione, a ripetizione per ore ed ore con delle tenaglie che costringono il povero malcapitato a tenere le palpebre spalancate.

Dopo diverse sedute di questa cura, Alex sembra non essere più lo stesso, l’addomesticamento forzata sembra aver funzionato, “Il Principe dei Vizi” sembra aver abbassato la testa da bravo cane fedele ad uno stato che ne aveva distrutto gli istinti con la forza.

Ed è proprio questo che Burgess prima e Kubrick dopo cercarono di far trasparire. L’unica soluzione che il governo aveva creato per far sì che le persone divenissero buone, era annullarle, privarle del libero arbitrio.

Svuotato dei suoi impulsi, il protagonista diventa un cittadino modello, un’arancia meccanica programmata per rispondere agli stimoli di una società ideale. Dal momento in cui Alex perde la possibilità di scelta sul suo comportamento, la figura del protagonista inizia ad essere contesa dal pubblico e dai suoi rappresentanti: chi vorrebbe usarlo come argomento di denuncia nei confronti di un governo autoritario e chi come trofeo di una politica efficiente.

Burgess e Kubrick descrivono le estreme conseguenze della razionalizzazione della società messa in atto dal capitalismo, si è disposti a violentare senza remore la coscienza individuale. Inoltre, scegliendo di applicare questa punizione esemplare su un individuo socialmente pericoloso e senza alcun rispetto delle regole, gli autori scombinano la rassicurante tendenza al giudizio del pubblico borghese e ben pensante, portandolo – fino alla fine – a provare empatia nei confronti di un assassino e stupratore. Il risultato, allora come oggi, è sconvolgente. A cosa siamo disposti a rinunciare pur di vivere in una società sicura? Quanto valore ha l’umanità in sé, rispetto alla perfezione e alla funzionalità del sistema?

L’alienazione dell’individuo nel sistema produttivo è oggetto dell’indagine artistica dei maggiori autori che si sono cimentati col genere distopico, da George Orwell con il suo 1984 a Aldous Huxley, creatore di Brave New World. Non è un mistero che anche Burgess, traumatizzato da un’aggressione molto simile a quella che ha raccontato nel libro – si parla della scena dello stupro a casa dello scrittore – ha iniziato a fantasticare di castrazioni psicologiche e di redenzioni chimiche, interrogandosi sulla congenita violenza che caratterizza ogni essere umano e su qual è il prezzo di una presunta pace. La risposta? Qui i pensieri di Kubrick e Burgess prendono due strade diverse.

Considerando nella sua totalità il significato di Arancia meccanica-film e Arancia meccanica-romanzo, è evidente che Kubrick e Burgess abbiano voluto mettere in scena due messaggi completamente diversi. All’interrogativo su una possibile redenzione dalla violenza, pur nella conservazione della propria individualità, Burgess decide di rispondere con un finale tranquillizzante in cui Alex, dopo aver incontrato un suo vecchio compagno di giochi che ha ormai messo su famiglia, inizia a meditare su una dimensione pacifica privata, in cui ricostruirsi e ricollocarsi. Al contrario, Kubrick risponde alla questione con un secco rifiuto.

L’istinto umano, la sua naturale inclinazione ferina non possono essere soppressi: sono destinati a restare latenti nella fantasia e nelle azioni potenziali dell’Uomo, che continua ad alimentare proiezioni di perversi piaceri e impunita libertà. L’essere umano è un flusso di energia troppo potente per essere contenuto dalle dinamiche socio-politiche di cui è autore. Nel bene e nel male Alex rimane se stesso: gli ultimi secondi del film sono un’eruzione di materia, di carne, sudore e musica celestiale, esplodono il Dionisiaco, la vitalità pura, lo spirito della tragedia nietzschiano, di cui DeLarge diventa indiscusso e trionfante sacerdote.

Loris Esposito (studente YLab Unisa 2018-19)

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