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La Scuola Genovese: viaggio nella culla dei cantautori italiani

Per Scuola Genovese intendiamo una classe di artisti, musicisti e parolieri che hanno segnato l’inizio di una scuola riconosciuta per la sua importanza nel panorama musicale italiano. Un ritrovo di autori uniti nello stesso impegno sociale e dalla stessa passione: La musica.

Genova, a partire dal 1960, è stata la culla della canzone d’autore, di questo movimento culturale e artistico che, con il passare degli anni, si è imposto sulla scena italiana attraverso figure di riferimento di un certo spessore come Fabrizio De Andrè in primis, da molti considerato il padre della canzone italiana.

Con le sue poesie in musica impegnate soprattutto nell’ambito sociale, è riuscito a scavare nell’animo degli esseri umani, degli ultimi, dei bisognosi. Il tutto narrato nella cornice del capoluogo ligure che si offre come palcoscenico delle gesta, dei fallimenti, dei successi e della sacralità di ogni suo personaggio.

Umberto Bindi, che ha avuto il coraggio negli anni ’80 di dichiararsi omosessuale in un periodo storico dove prevalevano idee omofobe, ha impressionato per le sue doti da pianista, da intelligentissimo scrittore di testi sempre dal sapore romantico. Caduto in miseria, dopo essere stato chiuso nel dimenticatoio dai discografici del tempo per il suo orientamento sessuale, possiamo dunque annumerarlo nei martiri della musica italiana. Lui, grande simbolo di eleganza e gentilezza sia come persona e sia come musicista, purtroppo è stato vittima di una società ancora troppo arretrata e perbenista ancora vigente nella nostra attuale epoca.

La culla dei cantautori italiani può essere allargata parlando di un altro martire, il cantautore di origini piemontesi Luigi Tenco. La Scuola Genovese ha adottato questo talento malinconico, struggente, a tratti irraggiungibile per la profondità delle sue produzioni. Luigi Tenco ha sempre respirato l’aria che tirava in quel di Genova, nonostante fosse nato in provincia di Alessandria. Anch’egli, dopo una tragica partecipazione al Festival di Sanremo del ’67 con la canzone ‘’Ciao Amore, ciao”, non accolta benissimo dalla critica e scartata dalla finale della manifestazione, andò incontro al suicidio che tutt’oggi desta tantissime perplessità per dettagli ancora da riscontrare e chiarire.

‘’Ciao Amore, ciao” è una canzone con cui Tenco ha voluto portare in primo piano i disagi della vita moderna, l’abbandono della propria terra natia per la ricerca di un futuro in un mondo così terribilmente cementato e caotico. Inoltre, la stessa canzone, fu interpretata da Dalida, compagna non solo di lavoro di Luigi Tenco, ma anche amante nella vita. I due hanno avuto in comune lo stesso destino, oltre ad una bravura smisurata nell’esprimere emozioni che senza di loro non avremmo mai sentito.

Sergio Endrigo, invece, ha dato il suo contributo alla nascita e alla formazione di tanti altri nomi noti della scuola genovese. Con le sue canzoni dannatamente interpretate in un modo tutto suo, i posteri lo hanno ammirato e annoverato nei grandi della canzone italiana. “Lontano dagli occhi”, “Ci vuole un fiore” e “Canzone per te” (vincitrice della sessantottesima edizione del Festival di Sanremo), sono ancora oggetto di diversi remakes attuati da cantanti contemporanei come Morgan, Gianna Nannini e dai Rezophonic di cui ricordiamo una divertente cover insieme a Enrico Ruggeri.

Gino Paoli e Bruno Lauzi sono stati due artisti appartenenti alla scuola di Genova. Due caratteri diversi, due stili inevitabilmente differenti. Gino Paoli, che sicuramente avrà letto le poesie di John Keats da piccolo, è il portatore del romanticismo nella nostra compagnia di cantautori. Bruno Lauzi, rappresenta il lato politico, quello dove si racchiude il pensiero di libertà inteso come modello da seguire sia nell’ambito artistico e sia in quello quotidiano. In verità anche Gino Paoli ha intrapreso una carriera politica nelle file del Partito Comunista, segno che più o meno tutte le colonne portanti di questa culla di talenti ha a cuore, chi in un modo e chi in un altro, la situazione politica della propria patria. Basti pensare a De Andrè, un anarchico dichiarato, limitatosi a far politica in molti dei suoi testi.

Il nucleo storico degli artisti della scuola genovese è stato col tempo ampliato, prima verso altri cantautori genovesi della prima generazione, come Vittorio De Scalzi (cantautore e coautore di brani con Fabrizio de André) e i New Trolls, i Ricchi e Poveri e i Matia Bazar, e quindi con gli esponenti della nuova generazione della scuola genovese, primi tra i quali Ivano Fossati e Francesco Baccini.

La musica italiana ha avuto un Monte Rushmore con i volti di questi esponenti e, grazie alle varie collaborazioni con le realtà musicali straniere, ha oltrepassato i confini italiani arrivando nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, passando per la Spagna. Gli esempi sono la realizzazione de “Il mio mondo” di Umberto Bindi, cantata in lingua inglese da Tom Jones,“You’are my world”, passando alla “Era de Maggio” di Endrigo, rivisitata dal tenore spagnolo Josè Carreras e di conseguenza portata al successo in terra iberica.

Ad oggi, sono rari i casi che seguono questa scia di realismo, romanticismo e idealismo. La musica è cambiata veramente, ma possiamo comunque usufruire di questi fenomeni grazie alle tecnologie, agli archivi dove queste tracce non verranno mai eliminate. Il bello è che, pur essendo datate, queste informazioni rimangono attuali. È sì musica appartenente al passato, ma di un passato che anziché finire in alto su qualche mensola impolverata, continua ad essere attuale e addirittura moderna.

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