Non fu solo il suo grande impegno a favore della cultura che fa ricordare Raffaele Mattioli come il “banchiere umanista”. Infatti, don Raffaele, da personaggio poliedrico quale era, si prodigò per salvare casa Savoia e, allo stesso tempo, fu amico del Partito Comunista e di Togliatti, che conobbe grazie all’amico economista Piero Sraffa. Si adoperò per fare pervenire gli aiuti necessari per le cure di Antonio Gramsci ed era amico e discepolo di Benedetto Croce.
Dopo aver fatto diventare la Banca Commerciale Italiana la fucina della classe dirigente laica italiana, riunendo intorno a lui personaggi come Adolfo Tino, Enrico Cuccia, Ugo La Malfa e Guido Carli, contribuì, con alcuni di loro, a fondare il Partito d’Azione. Rinunciò alla presidenza della neonata Comit, nata dalla ristrutturazione della Banca Commerciale, perché avrebbe dovuto condividere la presidenza onoraria con Gaetano Stammati. E proprio sulla figura di Stammati che la biografia di don Raffaele si incrocia con quella di un altro “banchiere umanista”, Beppe Ghisolfi, protagonista di questa YLife.
Ghisolfi, un intellettuale prima di tutto, può intraprendere la sua carriera di banchiere grazie all’allora ministro del Tesoro, Gaetano Stammati, e al suo decreto che stabilisce l’urgenza della compatibilità fra la professione da cui Beppe proviene e la sua carica di amministratore della Cassa di Risparmio di Fossano, posizione a cui aspirava Ghisolfi, sin da bambino, quando vide negare dalla stessa banca il prestito al suo papà.
Il suo carattere aperto, le sue attitudini relazionali e comunicative, e la sua sistematica e chiara volontà nel circondarsi di banchieri di cultura e mecenati, fanno di Ghisolfi un “banchiere umanista” a tutto tondo.