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PeterWhite si racconta a YPeople: “Il cantautorato è un mondo per pochi”

PeterWhite si potrebbe sintetizzare così: Pop, rap e cantautorato. Il talento romano, sempre a contatto con queste tre visioni della musica, ha saputo esporsi in maniera interessante nella rete, sapendo coniugare le sue tante sfumature, gestendo la sua immagine con un pizzico di misteriosità. Nelle sue canzoni, “Narghilè” o “Lollipop“, scopriamo una nuova strada di come fare musica nel 2018. PeterWhite, nome reale Pietro Bianchi, ha lanciato ultimamente “Luna”, insieme a Vince e Dorian Kite, altri nomi da tenere d’occhio.

YShow si è catapultata da PeterWhite per contattarlo e farsi raccontare come vanno le cose, qual è la sua ambizione, dove sono le sue verità.

Ciao Peter! Grazie di aver accettato di parlare con noi. YShow dedica molto spazio alla musica emergente, cercando di non trascurare le novità che si inseriscono in questo contesto. Devo dirti la verità, ti ho scoperto su Spotify qualche giorno fa, sentendo il tuo nuovo pezzo “Narghilè”. Ho notato un grande riscontro anche per gli altri brani che hai caricato in rete. Facciamo però un passo indietro. Da dove viene musicalmente Peter White?

“Ciao ragazzi e grazie a voi per questa intervista! Musicalmente mi ritengo fortunato. Sono cresciuto tra i dischi: dai viaggi in macchina con i miei genitori a quelli scambiati con i miei amici.

Mio padre mi ha passato il testimone di un’altra grande passione: i vinili; così, tra il suono di un 33 giri e di un pomeriggio senza niente da fare, ho ascoltato. Quindi, per riassumere, musicalmente sono vario: dal fanatismo del cantautorato italiano alla variegata panoramica sonora attuale, passando un po’ ovunque. De Andrè, De Gregori, Dalla, Battisti, The Beatles, The Beach Boys, Marvin Gaye, I Cani, Calcutta sono solo alcuni nomi, ne ho tralasciati forse fin troppi, che descrivono “alla larga” chi sono.”

Ascoltando i tuoi inediti, si evince una bella voglia di mettere nero su bianco chi sei. Tu stesso dici che provi a raccontare momenti di quotidianità ed esperienze accumulate mischiando il rap e il pop. Come nasce però, dalle fondamenta, una canzone di Peter White?

“Inizia con tante idee nella testa, fogli sparsi in ogni luogo con frammenti di pensieri. Poi si sa, i pensieri “scappano” in fretta e ho cerco di focalizzarli in circa 3 minuti. Ogni testo “segue un mood” differente.

Vivo determinate circostanze, situazioni, esperienze, che mi rimangono impresse. Per citare il mio idolo, Francesco De Gregori, posso dire  “E qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure”. Questo per dire che le mie canzoni sono fatte di ricordi belli e brutti, positivi e negativi, che mescolandosi, identificano scene di vita quotidiana. Nel pratico, una canzone nasce dall’improvvisazione: accordi strimpellati alla chitarra, amici e collaborazioni valide che sanno rendere le mie idee in musica a tutto tondo. In particolare, negli ultimi 3 brani inediti, ho trovato una mia “dimensione efficace”. Devo citare assolutamente Vince, chitarrista virtuoso e cantante, e Dorian Kite, abile produttore. Con loro rendo tanto perchè, oltre ad essere amici, proveniamo da gusti musicali differenti, ma incontrandoci “ a metà strada” cerchiamo di creare qualcosa di nuovo.”

So bene che la domanda non è di facilissima risposta. Ma come si potrebbe fare ad avvicinare le nuove generazioni al cantautorato? Basta metter su un disco di Gaber o Fossati, oppure servono “esempi” di nuova leva, come te, che riescano a coinvolgere un pubblico più giovane?

“Il cantautorato è finito un po’ nel dimenticatoio delle nuove generazioni.

Cambia il modo di vivere la vita e forse la gente si riconosce più nella panoramica musicale attuale. Purtroppo però l’attualità è fatta di apparenza e di estetica. La musica dovrebbe ritornare un po’ al suo stadio primordiale: espressione e stimolazione dei sensi. Il cantautorato, a mio parere, resta un mondo per pochi, e ciò non mi dispiace; inizia con il rumore della puntina sul vinile o del cd inserito nello stereo. Poi se chiudi gli occhi, ti stendi e ascolti, ti parla.”

I social networks sono una grandissima opportunità per chi vuol intraprendere una carriere da artista. Hai seguito la vicenda dei dati rubati da Cambridge Analitica che ha coinvolto anche Facebook? Quali sono i pro e i contro dei social a questo punto della loro esistenza?

“I social rappresentano una lama a doppio taglio.

Da una parte facilitano enormemente la diffusione, dall’altra ti rendono un “oggetto” del pubblico dominio. Spesso si tende a identificare e a criticare qualcuno senza neanche conoscerlo, tralasciando il lato umano per concentrarsi solo ed esclusivamente sull’immagine che i social ti associano. Questo è sbagliato. Era meglio vivere, a mio parere, quando i cellulari ancora non esistevano. Uscivi e avevi una giornata davanti, il sole, e magari dei gettoni per le chiamate di emergenza. Mio padre me lo racconta sorridendo.”

Quanto è difficile differenziarsi dal resto che c’è in giro e a sfuggire alle etichette di questo mondo abituato a copiare i meccanismi di un grande supermercato?

“L’altro vizio dell’utente social e dell’ascoltatore medio è fermarsi “alle prime 16 barre”, ovvero alle prime quattro quartine che scrivi. Tutti associano, etichettano e ti identificano bene o male da subito. E’ diventato quasi impossibile il RISCATTO, elemento importantissimo nella vita quanto nella musica. Personalmente io credo che tutti siamo diversi, avendo molte cose in comune.”

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