Revenge Porn: cos’è e come funziona. Le vittime ne sono a conoscenza?

Per Revenge Porn si indica la diffusione di video o foto sessualmente espliciti, senza il consenso delle persone rappresentate. Si definisce revenge perché, solitamente, si tratta di una vendetta nei confronti di qualcuno, molto spesso dell’ex partner, volta a denigrare la persona in questione.

Come funziona il Revenge Porn su Telegram

Perché viene scelta proprio questa piattaforma? La risposta è semplice, essendo infatti Telegram un’applicazione di messaggistica con la possibilità di crittografare i messaggi, risulta impossibile risalire alla singola persona che scrive o manda foto.

Abbiamo provato a capire con l’aiuto di un questionario online cosa sta succedendo all’interno di questi gruppi sull’app di messaggistica Telegram e, soprattutto, se le persone hanno la consapevolezza di ciò che accade ogni giorno. Per comprendere al meglio quanto le persone siano informate sulla questione Revenge Porn abbiamo cercato, tramite il questionario da noi formulato, sia di tracciare e analizzare un profilo socio-anagrafico degli utenti sia di approfondire la conoscenza dell’argomento trattato e quante persone abbiano avuto un contatto, diretto o indiretto, con questi gruppi.

Come si viene a conoscenza di essere stati vittima di Revenge Porn

Al questionario che abbiamo proposto hanno risposto 134 persone e dalle loro risposte abbiamo potuto appurare che la maggior parte degli utenti è a conoscenza della questione Revenge Porn. La domanda che ci siamo posti è: tramite quale canale se ne viene a conoscenza?

Questa domanda ha una duplice valenza in quanto viene posta sia per comprendere tramite quale canale si è venuti a conoscenza di queste notizie, ma anche per comprendere se il fenomeno del Coronavirus, vista la sua fortissima copertura mediatica, abbia finito per ostacolare la diffusione di notizie riguardo un argomento tanto importante. Tramite le risposte degli utenti si evince come più dell’80% degli utenti abbiano ricevuto notizie e aggiornamenti tramite Instagram e Whatsapp, mentre soIo una piccola percentuale si è informata ramite canali più tradizionali ad evidenziare come il Coronavirus abbia fagocitato la diffusione delle notizie nei canali di informazione tradizionali.

Quando si è colpevoli di Revenge Porn

Abbiamo analizzato attentamente i canali di condivisione della notizia e del materiale contenuto all’interno di questi gruppi, ma la domanda che dovremmo porgerci tutti è: Ho mai condiviso foto o video di una persona senza il suo permesso, volontariamente o ingenuamente?. Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto agli utenti se avessero ricevuto foto o screenshot esplicite e se nel caso, le avessero ricondivise. E dai risultati si può evincere come il 16% degli utenti abbia ricevuto foto di questo tipo e solo una piccola parte di questo 16% ha poi ricondiviso tale foto dandole maggiore visibilità, anche se ci viene da chiedere se il diffondere stesso di queste notizie non finisca per ampliare la diffusione di questo fenomeno.

Abbiamo voluto chiedere anche se gli utenti conoscessero persone che facessero parte di questi gruppi perché riteniamo che sia colpevole anche chi non tenta di fermare queste persone, ma che a volte addirittura finisce per scherzarci o incoraggiare.

Revenge Porn: uno dei tanti fenomeni di cyber-violenza

Dopo aver approfondito il fenomeno del Revenge Porn, abbiamo voluto chiedere a tutti gli utenti se fossero a conoscenza del fatto che esistono altre forme di violenza su internet, definite cyber violenza, di cui il Revenge Porn ne rappresenta solo una delle tante. Dopo aver appurato che la stragrande maggioranza degli utenti fosse a conoscenza del fenomeno della cyber-violenza, abbiamo voluto chiedere quali altre forme conoscessero, e abbiamo potuto constatare come se la maggior parte degli utenti è a conoscenza di cyber bullismo e cyber stalking, solo pochi conoscono forme come il flaming e il malicious code.

Abbiamo poi chiesto se fossero d’accordo sulla sensibilizzazione riguardo questo macro argomento, magari tramite programmi o attraverso percorsi scolastici e siamo rimasti felicemente sorpresi del fatto che molti utenti non solo conoscano la terminologia adeguata ma che sono a favore della sensibilizzazione attraverso i percorsi scolastici.

Infine abbiamo chiesto se fossero a conoscenza del settore specifico di cui dispone la Polizia Postale, utile per denunciare ogni forma di cyber violenza, e più dell’80% ha risposto di sì.

Indagine sociale realizzata dagli studenti del YLab for social and digital innovation Martina Falanga, Sofiia Nesteruk, Chiara Lanaro, Chiara Gerardi, Noemi Gelormini

Leggi anche:

Come hanno trascorso il tempo gli italiani durante la quarantena

Le Fake News ai tempi del Covid-19: la percezione delle Bufale sul Web

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *